UN'AVVENTURA PER SPIRITI EROICI
DAY 1
Paura.
Sono sul ciglio della scogliera di Cala Varqués, sotto di me la roccia si sottrae alla vista lasciando spazio al vuoto e, una quindicina di metri più in basso, la tavola turchese del mare.
Un respiro, salto. Lo schiaffo dell'acqua, tutto intorno un frizzare di bollicine. Due pinnate vigorose per riguadagnare la luce accecante del sole.
Tutto ok, ora è il momento di mettersi le scarpette ai piedi.
Per raggiungere l'attacco delle vie si scende arrampicando lungo le linee più vulnerabili (destrepes), ma la strizza della discesa nel vuoto è forte e c'è chi preferisce quando è possibile arrivare a nuoto e asciugarsi alla meglio abbarbicato su una cengetta sul pelo dell'acqua.
Scendo giù tutt'altro che rilassato, mi guardo intorno, la linea di iniziazione (Genoveses, 6b/10) mi sovrasta minacciosa; non se ne parla nemmeno, risalgo da dove sono sceso. Qui ci vuole un altro salto per sciogliere l'adrenalina.
Mezz'ora dopo ci riprovo e mi ritrovo sotto la strapiombo della grotta con le mani impiastricciate di salsedine e sudore, niente magnesio.
Salgo per 5-6 metri sbuffando come un toro, poi perdo l'orientamento tra stalattiti e nicchie, annaspo con le braccia irrigidite dalla paura fino a che i nervi cedono. Stacco i piedi dalla roccia, guardo il blu sotto di me e mi lascio cadere. Splaaash.
Non pensavo che la tensione potesse sfinire le membra in questo modo, sono già a pezzi!
Guardo gli altri psicobloquers mentre mi asciugo al sole, ripasso la linea e memorizzo i movimenti come in una finale di coppa del mondo, riparto e questa volta esco fuori in fibrillazione, che soddisfazione!
Bruciati dal sole e dal vento ci gettiamo all'ombra della pineta di Beach-4 -che posto magnifico- penso mentre mi addormento.
DAY 2
Il sole impietoso di ieri ci ha ridotto come due roast-beef, passiamo la mattinata all'ombra della pineta fino all'arrivo degli americani.
Shawn e Ry salgono, scendono e saltano dalla scogliera come due gatti; galvanizzato mi cimento in qualcosa di più impegnativo.
Quattro allunghi mi portano a 10 metri di altezza, tacca, mano-piede, elettrizato mi allungo verso un buco; ma non ci sono più appoggi per i piedi, panico! Le esortazioni di rito eccheggiano intorno - C'moooon!- , -Vengaaaa!- . Con il cervello a mille giri mi stendo verso l'alto alla ricerca della presa della salvezza.. niente... uaaaaahhhh... il vuoto mi risucchia.
Hai tutto il tempo di guardare in basso il mare che si avvicina e Splaaashhhh.
Riemergo con la testa nel centro del disco di spuma bianca che si dilata, il terrore evapora in un secondo.
I ripetuti tentativi e le osservazioni di una giornata raffinano le strategie per potersi asciugare e cospargersi di magnesio sulle esigue cengette di roccia affilata, là dove con cameratismo si radunano gli psicobloquers scambiandosi pareri e condividendo la preziosa polvere bianca.
Ci spostiamo verso il settore Metrosexual. Shawn, Ry, Lauren e un paio di climber sudafricani si lanciano su una boulderosissima traversata sotto il tetto del grottino (Bandito, 7c/10) in uno spettacolo circense di lanci, sbandierate e urla primordiali.
Con le ultime luci del tramonto mi decido a provare la linea sotto la volta (Metrosexual, 7a/10). Questa volta i movimenti li ho già visti fare, un contributo psicologico determinante. Nonostante ciò dopo la cavalcata sotto la volta mi ritrovo impreparato sul passo chiave dell'uscita, la tacca di sinistra è più piccola dello sperato, il cuore accelera, sollevo il piede destro come posso, mi stendo, le dita della mano destra raggiungono qualcosa di buono, ma nello stesso momento i piedi si staccano, il corpo sventola fuori, la mano sinistra perde la presa, un microsecondo dopo anche la destra; pagherei per avere il fotogramma del mio volto in quell'istante.
Uuaaahhhh. Di nuovo tutto blu.
Esco dall'acqua, mi asciugo, mi preparo, salgo di nuovo determinato e questa volta trattengo la sbandierata. Le urla degli amici mi accompagnano nella goffa e nervosa rimontata finale, con le braccia di legno afferro quello che posso per portare il culo lontano dall'abisso, sono salvoooo! Uauhooo!
La percezione di tutte queste sensazioni è stata battezzata con un neologismo spagnolo: fliñar, un cocktail di terrore adrenalinico e vertigine di euforia. L'essenza dello psicobloc.
Paura.
Sono sul ciglio della scogliera di Cala Varqués, sotto di me la roccia si sottrae alla vista lasciando spazio al vuoto e, una quindicina di metri più in basso, la tavola turchese del mare.
Un respiro, salto. Lo schiaffo dell'acqua, tutto intorno un frizzare di bollicine. Due pinnate vigorose per riguadagnare la luce accecante del sole.
Tutto ok, ora è il momento di mettersi le scarpette ai piedi.
Per raggiungere l'attacco delle vie si scende arrampicando lungo le linee più vulnerabili (destrepes), ma la strizza della discesa nel vuoto è forte e c'è chi preferisce quando è possibile arrivare a nuoto e asciugarsi alla meglio abbarbicato su una cengetta sul pelo dell'acqua.
Scendo giù tutt'altro che rilassato, mi guardo intorno, la linea di iniziazione (Genoveses, 6b/10) mi sovrasta minacciosa; non se ne parla nemmeno, risalgo da dove sono sceso. Qui ci vuole un altro salto per sciogliere l'adrenalina.
Mezz'ora dopo ci riprovo e mi ritrovo sotto la strapiombo della grotta con le mani impiastricciate di salsedine e sudore, niente magnesio.
Salgo per 5-6 metri sbuffando come un toro, poi perdo l'orientamento tra stalattiti e nicchie, annaspo con le braccia irrigidite dalla paura fino a che i nervi cedono. Stacco i piedi dalla roccia, guardo il blu sotto di me e mi lascio cadere. Splaaash.
Non pensavo che la tensione potesse sfinire le membra in questo modo, sono già a pezzi!
Guardo gli altri psicobloquers mentre mi asciugo al sole, ripasso la linea e memorizzo i movimenti come in una finale di coppa del mondo, riparto e questa volta esco fuori in fibrillazione, che soddisfazione!
Bruciati dal sole e dal vento ci gettiamo all'ombra della pineta di Beach-4 -che posto magnifico- penso mentre mi addormento.
DAY 2
Il sole impietoso di ieri ci ha ridotto come due roast-beef, passiamo la mattinata all'ombra della pineta fino all'arrivo degli americani.
Shawn e Ry salgono, scendono e saltano dalla scogliera come due gatti; galvanizzato mi cimento in qualcosa di più impegnativo.
Quattro allunghi mi portano a 10 metri di altezza, tacca, mano-piede, elettrizato mi allungo verso un buco; ma non ci sono più appoggi per i piedi, panico! Le esortazioni di rito eccheggiano intorno - C'moooon!- , -Vengaaaa!- . Con il cervello a mille giri mi stendo verso l'alto alla ricerca della presa della salvezza.. niente... uaaaaahhhh... il vuoto mi risucchia.
Hai tutto il tempo di guardare in basso il mare che si avvicina e Splaaashhhh.
Riemergo con la testa nel centro del disco di spuma bianca che si dilata, il terrore evapora in un secondo.
I ripetuti tentativi e le osservazioni di una giornata raffinano le strategie per potersi asciugare e cospargersi di magnesio sulle esigue cengette di roccia affilata, là dove con cameratismo si radunano gli psicobloquers scambiandosi pareri e condividendo la preziosa polvere bianca.
Ci spostiamo verso il settore Metrosexual. Shawn, Ry, Lauren e un paio di climber sudafricani si lanciano su una boulderosissima traversata sotto il tetto del grottino (Bandito, 7c/10) in uno spettacolo circense di lanci, sbandierate e urla primordiali.
Con le ultime luci del tramonto mi decido a provare la linea sotto la volta (Metrosexual, 7a/10). Questa volta i movimenti li ho già visti fare, un contributo psicologico determinante. Nonostante ciò dopo la cavalcata sotto la volta mi ritrovo impreparato sul passo chiave dell'uscita, la tacca di sinistra è più piccola dello sperato, il cuore accelera, sollevo il piede destro come posso, mi stendo, le dita della mano destra raggiungono qualcosa di buono, ma nello stesso momento i piedi si staccano, il corpo sventola fuori, la mano sinistra perde la presa, un microsecondo dopo anche la destra; pagherei per avere il fotogramma del mio volto in quell'istante.
Uuaaahhhh. Di nuovo tutto blu.
Esco dall'acqua, mi asciugo, mi preparo, salgo di nuovo determinato e questa volta trattengo la sbandierata. Le urla degli amici mi accompagnano nella goffa e nervosa rimontata finale, con le braccia di legno afferro quello che posso per portare il culo lontano dall'abisso, sono salvoooo! Uauhooo!
La percezione di tutte queste sensazioni è stata battezzata con un neologismo spagnolo: fliñar, un cocktail di terrore adrenalinico e vertigine di euforia. L'essenza dello psicobloc.
Goldie Hawn - 7b/10 - Cala Varqués
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