giovedì 19 maggio 2011

Marocco 2002 - Capitolo 1

Mi cominciano sempre male questi viaggi africani.

Nuovo stop doganale: questa volta è Till, l’alemanno organizzato e proprietario del fiorino, che non puó mettere piede fuori d’Europa.

Il passaporto scadeva un mese fà.

Cosí con un po' di tentennamenti io e Lidia decidiamo di scendere lo stesso. La cosa alletta molto meno.

Ci troviamo a dover far fronte per una settimana a ricerca di ostelli e orari di autobus con lo zaino caricato lí per lí di viveri pirateggiati dalla cassa-cucina della macchina, prima che la nave se la porti via.

Perdipiù non c’è tanto tempo per trovare un autobus che ci porti fuori dall’inferno di Tanger, così decidiamo che stanotte ci si ferma qui.

Adiós Till! –dal molo- te llevaremos algo desde aquí..¡buen viaje!

Che faccia triste che c’ha! la stessa incredula tristezza che avevo io due anni fà.

Ah, dimenticavo: l’altro ieri avevo la febbre, ancora non mi sono ripigliato completamente e scarico pinte di moccio alla spina dalle narici.

Lidia? Pensierosa, forse più per quello che dovrá raccontare ai genitori, che per l timore dei pirati berberi. Con Till ci siamo persi anche quelle forchettate di praticitá del viaggiatore nordico. Speriamo di essere all’altezza.

mercoledì 18 maggio 2011

Marocco 2002 - Introduzione

Nell’estate 2000 avevo progettato un viaggio in marocco che si concluse con una vista del porto di Tanger dalla nave da dove i doganieri non mi fecero scendere. Quell’anno mi feci un giro per la Spagna, con il vocabolario di francese nello zaino.

Due anni dopo, quest’anno, vivo a Cordoba, a un passo dall’africa; sarei partito anche da solo a nuoto per vedere l’altro continente.

Invece a Cordoba ho trovato 3 compagni di viaggio, Till, Lidia e un Fiorino.

Forse sarebbe meglio dire che Till ha trovato due ospiti per il SUO fiorino, arrivato direttamente da Berlino, e attrezzato per trasformarsi in un confortevole hostal, una volta tirato il freno a mano.

Cosí si parte con sacchi a pelo, fornelli, scatolame, un frigorifero elettrico, un po’ di raffreddore, una chitarra, la guida Lonely Planet che avevo due anni fa e una mappa stradale Michelin che mi sono comprato e che ho contemplato pensieroso per due settimane cercando di ipotizzare quanti di quei centimetri di strade rosse, gialle e bianche si potessero fare al giorno.

Questo diario di bordo l’ho scritto piú o meno in tempo reale durante il viaggio, nelle pause per un té, sorseggiando un caffelatte mentre Till spalma la nutella sul pane tostato o in macchina cercando di assecondare gli effetti centrifugi delle curve nelle strade dell’Atlante.