martedì 11 agosto 2009
Lore, Indi and their short trip to Aigüestortes
Il bacino d'acqua di Cavallers ha un'aria minacciosa nell'ombra del primo mattino e con le folate di vento che ne increspano la superficie. E ancora più minacciosa appare la cintura di cemento grigia che argina una sponda con i suoi possenti contrafforti che precipitano giù fino al parcheggio dove ho lasciato il doblò.
L'acqua del torrente immissario scorre brillante e copiosa sui lastroni di granito, poco più in alto pascoli verdi e mucche.
Incrociamo una decina di persone nel tragitto fino al rifugio Ventosa, appena arrivi si capisce subito a cosa si deve il nome.
Gli scorci del paesaggio sono magnifici: creste di granito ritagliate contro il cielo blu vernice, boschi di pino che decorano i pendii e nel mezzo di ogni apertura delle valli l'occhio turchese di un lago che spicca sul verde dei prati. Verrebbe voglia di piazzare la tenda ovunque.
Vorrei avere al mio fianco tutte le persone che conosco e allo stesso tempo assaporo la solitudine. Indi come di consuetudine mi precede di 10 m sul sentiero scandagliando il terreno con il muso e assorbendo ogni sfumatura di fragranza, ogni odore di vita.
Ci lasciamo alle spalle l'erbetta soffice e i ruscelli argentati per risalire il fianco della montagna diretti alla Punta Alta de Comelesbienes. Abbandonando il GR11 (Gran Recorrido, sentieri nazionali che percorrono la penisola iberica) abbandoniamo la segnaletica generosa in cambio di sporadici ometti di pietra che decorano lo scosceso ghiaione della Raconada e che sei costretto a tenere costantemente d'occhio.
Le ultime tracce di vegetazione scompaiono superato l'estany de la roca (laghetto della roccia) con il suo curioso isolotto monolitico. Circa a quota 2500 m compare il primo accecante appezzamento di neve.
Il paesaggio è un caos di pietre, davanti a me la cresta sbecchettata della Punta Alta, dietro di me si è aperto il palcoscenico dei Pirenei; le cime di Andorra, della Vall d'Aran, di Benasque; di cui però non conosco i nomi. E senza allontanare tanto lo sguardo all'orizzonte sotto di me si profilano le valli del parco di Aigüestortes punteggiate di specchi d'acqua.
Procediamo in linea retta da un ometto all'altro. Indi che preferiva i prati alla pietraia ha perso un po' di vivacità e mi segue incollata alla caviglia.
Dopo alcuni tentennamenti sulle ultime vertiginose scarpate sommitali calpestiamo la vetta, 3014 m, foto di dovere.
Il ritorno sarà sul versante opposto; tre vispi pensionati baschi (provvisti di bussola, ma non di una cartina degna) si interessano a quest'opzione per evitare di dover tornare da dove erano venuti, e così percorriamo insieme il primo tratto di sentiero che precipita, ripidissimo e in pessimo stato, a valle da dove proviene il richiamo dell'azzurro di due laghi ancora parzialmente congelati.
La discesa risulta un calvario, Indi è visibilmente affaticata dalla marcia su questa pietraia assolata, l'ombra della vegetazione sembra non arrivare mai e quando infine raggiungiamo la quota del bosco di pini il sentiero si getta in uno spoglio canale scosceso tra lastre di granito e ciottoli.
Sono un po' preoccupato e la solitudine, si sa, amplifica i timori; -Siamo arrivati, siamo arrivati- continuo a ripeterle.
Non capisco se sono le sue zampe martoriate dalla costante abrasione delle rocce, se sono crampi o è la disidratazione. Sugli ultimi tornanti prima del parcheggio la prendo in braccio.
Si rivelerà essere stato uno shock da colpo di calore che le costerà vari giorni prima di un recupero completo.
Mi pento di aver voluto lasciare i soffici prati della valle e trascinarla fin lassù, ma per fortuna Indi non si pentirà mai di avermi seguito.
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