sabato 19 dicembre 2009

1. Nepal 2003 - diario di un viaggio - In volo


22 Ottobre - mattina

Stazione di Fano

I bastoni. I due bastoni fissati dietro lo zaino, dico quelli per camminare; sono l’unica cosa che mi contraddistingue dagli altri studenti in attesa del treno per Bologna. Per il resto sono solo più imbacuccato del solito; ma questo non in vista delle destinazioni himalayane, ma solo perché, chiaramente, mi sono beccato il raffreddore e una mezza influenza due giorni fa. Devo dire che sono abbastanza teso; e fino a ieri me ne stavo tranquillo a perdere tempo davanti al computer. Vabbè c’erano i pacchi da preparare ma avevo avuto mesi per pensarci e mancava giusto la selezione delle t-shirt e del cappello giusto; ma stamattina ogni errore è irreparabile; in macchina, in stazione, poi il treno, poi in aereo, un ingranaggio che deve essere oliato bene. Il saluto dei miei stamattina con le palpebre socchiuse immerso nel mio piumone, qualche telefonata, qualche voce, qualche saluto, una carezzina alla mia Indy scodinzolante e poi via! Non sono mai andato così lontano, mi tremano le gambe…


Aeroporto di Amsterdam

Mezzanotte, dovremmo essere già in volo per l’oriente ma c’è il dannato ritardo: si sta qua in attesa insieme ad Alessandro di Prato che se ne va anche lui in Nepal, si capiva subito dallo zaino. Faremo anche una tappa in un aereoporto degli Emirati Arabi, ecco perché ci si mette 11 ore. Intorno a noi c’è tutta la fauna di turisti occidentali, più della metà sono trekker: sfavillio di giacche, zainetti e scarponi, e molti taccuini di viaggio. Poi c’è qualche nativo che torna a casa; la donna sorridente a fianco a noi in attesa dell’aereo oltre che di un bambino è di Kathmandu, ma vive a Ginevra con suo marito guida alpina.


23 Ottobre – ora indefinibile

Dal cielo

Siamo sopra il Pakistan, o forse già in India. Terra, dune, alture, nessun albero, i solchi del vento e dell’acqua, poca. Poi un fiume, più grande, e intorno il reticolo di canali con i fazzoletti di terreno coltivato. Le strade, i solchi dell’uomo che serpeggiano nelle radure spoglie e poi convergono a stella verso una città; le case dall’alto, increspature nelle distese piatte, sembrano sputi nella pianura. Tutte uguali, anonime; chissà chi vive laggiù, chi è, penso, seduto nella pancia del pennuto di ferro.

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