mercoledì 28 aprile 2010

Motor-trekking in Thailand (part 3)

Attraverso montagne e foreste nella regione di Chiang Mai con tre motociclette e tre amache

È di nuovo asfalto. Su è giù per i crinali avvolti dalla nebbia e dal fumo (si chiama smog, no?) tirando le marce e giocando a sorpassarci (a destra).
Siamo ufficialmente entrati nella settimana di celebrazione del Songkran, la festa dell'acqua, che coincide con il nuovo anno tailandese (2553) e la fine della stagione secca.
Le piogge tarderanno ancora un mese ad arrivare, ma per adesso ci sono le secchiate d'acqua dei bambini all'entrata e all'uscita dei villaggi.
Ti vedono arrivare a cavallo della moto e ti sbarrano la strada ridendo come dei cuccioli di iena. Armati come sono di secchi, tubi, pistole e fucili d'acqua è impossibile rimanere asciutti (almeno per quattro minuti perchè il vento caldo è come un asciugacapelli sempre acceso). Ovviamente durante le soste prendiamo anche noi parte alla battaglia idrica che coinvolge grandi e piccini, uomini e donne, tutti felicissimi di bagnare e farsi bagnare.

Per pranzo ci fermiamo nella cittadina di Pai, la sorellina hippie di Chiang Mai, con la sua fauna occidentale di tatuati, spiritualisti, santoni, punk, vegetariani, giramondo, poeti, scrittori e giocolieri. Molti di loro armati anch'essi di fucili ad acqua colorati.
In questo clima carnevalesco il nostro look da cowboy impolverato non stona troppo. La fedele motocicletta appoggiata alla staccionata come un destriero e il casco a scacchi come Jack Nicholson in Easy Rider.

Approfittiamo dello strategico pad thai di mezzogiorno per riorganizzare i piani di viaggio; l'idea è quella di dirigerci al nord e poi valicare le montagne a est, ma la nostra unica mappa della zona indica solo una carrozzabile che corre arditamente lungo il confine con la Birmania (Myanmar) e un' altra incerta linea tratteggiata che si perde nel nulla.
Ma dato che siamo nel terzo millennio in piena rivoluzione dell'informazione ci sediamo tutti e tre davanti a un computer nell'internet point dall'altra parte della strada e diamo un' occhiata a Google Maps...
Bingo! Stampiamo un ingrandimento con il tracciato del valico che cercavamo. Ovviamente Google usa un criterio diverso per la traslitterazione dei nomi delle località, ma ormai siamo ferrati.
Un calcio al pedale d'avviamento e siamo di nuovo in sella. Dopo qualche kilometro nella ridente (e umidificante) campagna intorno a Pai (che sembra un po' la Contea di Hobbeville con i piccoli hobbit col secchio colorato che ululano euforici) ricomincia lo sterrato, ed è tutt'altro che rilassante.
Solcati camuffati da sabbiati si alternano a vertiginose doppie corsie di cemento. Andreas in un momento di distrazione perde il controllo del ciclomotore ed è costretto a saltare fuori bordo rovinando a terra.

Con lo sguardo sempre fisso sui cinque metri davanti alla ruota anteriore (qualche tipo di occhiale per riparare la vista è strettamente necessario altrimenti dopo dieci minuti ti si forma intorno agli occhi un piccolo ecosistema di sabbia, moscerini e ceneri, per non parlare della fronda che occasionalmente pende sulla strada) giungiamo al primo e unico villaggio prima del valico.
Una squadra di cadetti monaci buddisti sta lavando i panni lungo il fiume e ne approfitta per trovare refrigerio dalla calura del pomeriggio; seguendo il loro esempio anche un folto gruppo di bufali se la gode con il corpo a mollo.
Altro pad thai in questo villaggio che sembra sorgere ai confini del mondo e la ragazza della locanda ci conferma che stiamo seguendo la rotta giusta.

Accendiamo i motori, clack, un colpetto col piede sinistro per ingranare la prima e riprendiamo la marcia lungo la sterrata che ora abbandona la valle e si inerpica sulle alture a est.
Tratti piacevoli all'ombra della vegetazione si alternano a strappi in salita che fanno ululare le moto sotto il sellino. Un repentino sabbiato in forte pendenza coglie i tre alla sprovvista, la moto di Andreas si incaglia irrimediabilmente, quella di Hauke si adagia stremata su un fianco, mentre io riesco a schivare la trappola e a portare la mia moto in cima alla china. In tre, due che spingono e uno in sella, riusciamo a riportare tutti i veicoli in salvo.

Non siamo lontani dal confine birmano e da dietro una curva spunta all'improvviso un 4x4 carico di soldati tailandesi in mimetica; ci fanno segno di passare.

Lo slash & burn è tutto intorno a noi, si sentono gli schiocchi sordi dei bamboo in fiamme e il crepitio dei fuocherelli che lambiscono la carreggiata. Il fumo rende l'aria pesante irritando gli occhi e la gola; così, raggiunto il valico e l'ultimo check-point militare, siamo lieti di sfrecciare a valle sull'altro versante.
Dopo delicate discese con i freni tirati, i nervi saldi e gli occhi fissi sulla strada ci ritroviamo a valle sui rettilinei che costeggiano i campi; ma come sempre il tardo pomeriggio abbassa il livello di concentrazione, lo sguardo cade su un rospo che saltella sul ciglio del canneto e in un attimo la ruota anteriore se ne va e non mi resta altro da fare che saltare fuori bordo.

Con la signora di una guesthouse giù in paese concordiamo un prezzo per poter appendere le nostre amache nella veranda - magazzino; sprofondiamo nel sonno sotto le note della musica pop tailandese che giunge dalle balere lungo la strada. Domani è il 2553!

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