Da Dos d'Ane a Aurère
Poche centinaia di metri dopo la piccola chiesetta di Dos d'Ane il sentiero vira a sud e precipita giù per il fianco della montagna verso il solco argenteo del riviere des Galets, che scorre 800 m sotto di noi. La discesa estenuante è un martirio per Francesca che nel frattempo ha raffinato l'arte del bastoncino da Nordic-Walking fino ad aver assunto le movenze di un quadrupede.
E per coronare la discesa, prima di imboccare il sentiero polverso di fondo valle ci aspetta anche il guado del fiume fra tracce incerte e massi scivolosi.
Risaliamo la valle fra le pareti che via via si stringono fino a chiudersi nello strettoia denominata Le Porte. Accorciare i bacchetti, ora comincia la salita.
Gradini di pietra e scalini puntellati di bambù, il sentiero si inerpica per riprendere quota mentre il ruggito del fiume sotto di noi si affievolisce in un brusio lontano.
Sudati come due maratoneti raggiungiamo la spalla di un promontorio dove auspico la fine del supplizio.
Macchè, sopra le nostre teste il sentiero disegna delle Z minacciose sull'ultimo disarmante muro di montagna. Psicologicamente vinti ci trasciniamo come due peccatori fra gli scricchiolii sordi dei giganteschi tronchi di bambù mossi dal vento.
Gli scalini terminano all'improvviso, qualcuno sensatamente ha deciso di piazzare sulla sommità una panchina e una madonnina incastonata nella roccia: per offrire una tregua al camminatore, la prima, per limitare lo sproloquio di bestemmie del medesimo, la seconda.
Ci sono la mucca, la capra, il cane, il gatto, la scuola, l'ambulatorio, lo spaccio e un palchetto per i concerti.
Poi c'è uno spiazzo d'erba -cosa sarà, un campo da calcio?- ci chiediamo. -Ma no! da pallavolo, c'è anche la rete appollottolata al centro!-
Dieci minuti dopo il ronzio inequivocabile di un elicottero; la grande libellula metallica si posa al centro del campo, il pilota salta giù, aggancia il cavo al carico racchiuso nella rete, risale a bordo, decolla e scompare dietro il crinale col suo baccello oscillante.
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