sabato 19 dicembre 2009

10. Nepal 2003 - diario di un viaggio - Jomson

4 Novembre - mattino

Muktinath 3800 m

Sveglia ad un’ora imprecisata dell’alba dopo una lunga dormita; ieri dopo una mezz’ora di catalessi sul letto mi sono alzato e stavo già bene, affamato.

Siamo in attesa della colazione aspettando di vedere la new entry del Mustang bread, nuova valle, nuovi menù.


4 Novembre - pranzo

Kagbeni 2860 m

Kilometri di sentiero polveroso tra sassi e arbusti battuti dal vento. Panorama mozzafiato sulla Landa del Nulla, poi il paese sulla confluenza di due fiumi, il più grosso è il Kali Gandaki; gli yak attraversano le strade lastricate guidati dalle urla e dalle bacchettate dei pastori. Centinaia di chili di carne e pelo si muovono pesantemente fra i vicoli con le due lunghe corna ritorte che è meglio tenere d’occhio.


Mangiamo qualcosa ad un restaurant-lodge, poi comincia la marcia nella valle del Kali Gandaki. La guida accennava al fatto del vento, ma non ci immaginavamo certo queste sferzate; buona parte delle correnti del sud si incanalano dentro questo imbuto che diventa una galleria del vento. La vista spazia sulla vallata, poi sbagliamo strada, o meglio, prendiamo la variante sulla sponda est oramai completamente in disuso, sulla guida sembrava il contrario, mai fidarsi troppo. Arriviamo stanchi e rintronati dal vento a Jomson, per fortuna ci aspettano i confort di un lodge, l’Himalayan Inn, molto più occidentalizzato di quelli delle zone di Manang con tanto di tazza del bagno, lavandino, acqua calda & corrente elettrica. Fra poco si va a telefonare in Europa, a casa.


5 Novembre - colazione

Jomson 2650 m

Ieri sera la pizza! Bisognava provarla a mio giudizio. Nel complesso era un po’ acidina e non era una pizza, ma l’impegno del cuoco è lodevole (niente forno) con tanto di banchetto di legno massello per servire la pizza nella terrina arroventata.

Stamattina la pigrizia domina, tanto ci siamo detti – Oggi pochi kilometri! – così ci concediamo un’abbondante colazione e un giretto lungo il mercato per le strade lastricate di Jomson con il rumore dei charter che atterrano & decollano; sempre di mattina, per il vento.



Tuckuche 2590 m

Che palle questo vento. Funziona così, ci spiega il gestore del lodge di Jomson, attacca tra le 10 e le 11 del mattino, imperversa fino al tramonto, poi calmo fino al mattino seguente.

Risultato: se vuoi camminare a sud senza il vento in faccia ti devi svegliare presto. Ed è quello che faremo domani.

Ci fermiamo in un negozietto a Marpha dove una artigiana tibetana in un inglese minimale ci assicura che praticamente tutta la sua mercanzia, anelli, bracciali, borse, tappeti, vasi, soprammobili & maschere divine portano buona fortuna –good luck!-.

Dopo lunga contrattazione e lo scambio dei pantaloni cerati di Francesca ci portiamo via un sacco di cose che dovremmo fare entrare negli zaini, abbiamo anche la maschera di Gompo che da oggi sarà il nostro consigliere.

Ancora due ore controvento e arriviamo a Tuckuche dove ci lasciamo ammaliare dalla Dutch Bakery che oltre alle cibarie olandesi offre l’utilizzo di internet; peccato che sia satellitare, lentissimo e costoso. Mangiamo qualcosa, giochiamo a carte mentre fuori sembra arrivare la pioggia; poi ci spostiamo più avanti nel paese al Lotus lodge dove ci accoglie gentilmente (come sempre) una ragazza dai tratti talmente masculini da portare la sua sessualità nel limbo del mistero. E’ l’ora del bucato, si asciugherà al vento del Sud.


Nella valle del Kali Gandaki si aggiunge una nuova tipologia di visitatore alla lista stilata in precedenza.

Il veterano detto anche il nobil-borghese è un ultrapensionato che ha pensato di venire a tirare le cuoia in un altro continente. Si vede spesso seduto al tavolo del ristorante impegnato a trascrivere i suoi flussi di coscienza su un quadernello sbiadito e geroglifico. Sono poco chiare le motivazione del suo viaggio nei rilievi himalayani, certo è che il perimetro delle sue esplorazioni non supera solitamente i 100 metri dall’aeroporto di Jomson dove è atterrato. Generalmente silenzioso scambia poche parole con il suo braccio destro nepalese tuttofare che provvede a svegliarlo la mattina e a rimboccargli le coperte la sera. Di giorno se il cielo è limpido e non tira troppo vento lo si può vedere aggirarsi col suo bastone da passeggio telescopico in lega di carbonio senza apparente destinazione ma, persino se l’autonomia ambulatoria del veterano non va oltre i 20 minuti, è molto facile perderne le tracce sui lastricati del villaggio.

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