Fantastico. Questo lodge è fantastico. L’unica stanza sulla mansarda di una casetta in legno con una sala da pranzo calda e accogliente; la cucina è ancora un volta buonissima e il gestore, un angelo, domattina ci sveglierà all’alba per ammirare la catena dell’himalaya all’orizzonte. –No Problem- dice –Il Nepal è il Paese del No Problem- sottolinea.
Per arrivare fino a qua ci sono volute solo un paio d’ore d’autobus più o meno stracolmi così stamattina abbiamo trovato il tempo per ulteriore shopping e per una visita al tempio di Swayambunath sulla cima di una collina subito fuori Kathmandu: fra gli stupa e lungo la ripidissima scalinata giocherellano e si spulciano oziose decine di scimmiette –the monkey temple lo chiamano, infatti- in mezzo a turisti, credenti, venditori ambulanti e qualche capra.
Sottolineo ancora quanto siano fenomenali le bakery di Thamel; non so dove si siano procurati le ricette per tutti i tipi di panini, croissant, torte, biscotti & pasticcini, ma assicuro che il “momento-bakery” è una vera soddisfazione. Vassoio, self-service tra i cestelli di vimini, poi il micro-onde di fianco alla cassa, poi al tavolo sulla terrazza; fortuna che in Nepal ci sono le montagne da vedere sennò non ci schioderemmo più di qua.
La nostra borsa con tutti gli acquisti e altre cose diciamo inutili per il trekking è stata lasciata in ostaggio all’Hotel California dove torneremo a prelevarla tra due giorni; dopo bisognerà riuscire a portare tutto in aereo, ma quando continuiamo a ripeterci –compra adesso, sennò al ritorno ti pentirai di non averlo fatto-.
15 Novembre
Prima di partire spulciando guide, cartine e siti web pensavo che un trekking breve nei dintorni di Kathmandu sarebbe stato propedeutico al grande giro dell’Annapurna.
Per fortuna che l’idea è stata cassata, perché muoversi, orientarsi & non perdersi è veramente difficile per la campagna della valle.
Cartelli, pochissimi o nessuno; sentieri, bivi, tracce, un infinità; mica come a quattromila metri dove c’è un unico sentiero con i cartelli che indicano minacciosamente la direzione del Thorung La.
A salvarci dalla morte per stenti nelle risaie sono state tutti i contadini a cui abbiamo chiesto innumerevoli volte –Mulkharka?-. Qui, inglese zero. Ti rispondono a gesti simulando a colpi di braccio lo scavalcamento del crinale e annuendo indifferentemente secondo l’antica tradizione nepalese di non contraddire mai il forestiero. A metà pomeriggio eravamo letteralmente persi fra i campi terrazzati con la nostra schifosa mappa incartapecorita di trent’anni fa (costava meno) fra le mani; e io che continuavo a guardare il sole, un po’ per trovare il nord, un po’ per tenere d’occhio le ore di luce.
Per fortuna un vecchio ci ha accompagnato all’imbocco di quello che riteniamo essere stato un passaggio segreto nel bosco che solo lui conosceva.
Gli regalammo due sigarette prima di entrare speranzosi nella macchia.
Al Karma Lodge siamo arrivati stravolti & schienati; e affamati, siamo in attesa del nostro riso con pollo e curry che il nostro commensale sessantenne americano con la fiaschetta di whiskey in mano ci assicura essere –veeeri gùd-.
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