sabato 19 dicembre 2009

5. Nepal 2003 - diario di un viaggio - Da Tal a Bratang

- cena

Tal 1700 m

Finalmente siamo arrivati. L’ultimo tratto nella gola su per le scalinate di pietra –high steep climb annotava la cartina- ci ha sfiancato, ma adesso siamo seduti al Sunrise Hotel&Lodge a finire il barile di black tea che ci hanno servito insieme alla cena.

Menù, listino prezzi, stanze, calorosità & accoglienza sono circa gli stessi in ogni lodge e in ogni batthi che abbiamo visto; i nepalesi sono un popolo meraviglioso e, passando pure che noi occidentali alla fine portiamo loro dei soldi, i contadini, i bambini, le vecchiette ti salutano tutti sorridendo; ogni volta che vieni inchiodato dal gestore del lodge che ti consiglia di rimanere da lui per la notte o dal ragazzo che si offre come guida ti vedi costretto ad argomentare il tuo rifiuto, ma verrai sempre comunque benevolmente salutato con un –have a good trip

Finalmente oggi è comparso su un albero il primo (l’ultimo?) entello, una di quelle scimmiette che saltano da un ramo all’altro; a prendere il sole sulle pietre scure c’erano invece dei lucertoloni neri e squamati.

E questo Annapurna? Oggi la giornata l’abbiamo passata ingoiati in un canyon, passando da un lato all’altro del burrone sui lunghi ponti sospesi. Fra l’altro l’ultimo ponte che abbiamo incontrato questo pomeriggio si era sfondato e pencolava semidivelto sopra il fiume, e dire che era di quelli nuovi modello svizzero. Più a valle c’era di recente allestimento un ponte di bambù.

Per fortuna Tal sta su una spianata dove il fiume disegna larghe anse prima di inforrarsi; chissà magari domani spunterà qualche cima all’orizzonte.

28 Ottobre – mattina

Tal 1700 m

Che carino questo Sunrise Hotel, a colazione ci hanno servito anche il miele di produzione familiare (la famosa ape himalayana?) da spalmare sul Tibetan bread, una specie di crescentina rotonda tendente all’unto, niente male.

Tra i trekker c’è questa prassi morbosa: chiedere al collega che si incontra la sera al lodge da dove è partito oggi: –Da Kanigaon- uno risponde – io da Baundanda – risponde l’altro.

Fra qualche giorno quando avrò più informazioni mi cimenterò in una breve esposizione analitica degli stereotipi del trekker occidentale.

Comunque la situazione affollamento non si presenta assolutamente come ci avevano fatto temere, ossia il carnaio di europei, le notti sui tavoli in mancanza di camere libere; nei villaggi abbiamo sempre trovato la stanza all’istante, almeno fino ad ora; ho il presentimento che i materassini che ci stiamo portando dietro si faranno un lungo tour himalayano arrotolati nelle loro custodie.

Ieri sera a cena, come premio agli sforzi della giornata di marcia ci siamo concessi una bottiglietta di coca-cola in due; 55 rupie, la metà del prezzo di una doppia, circa 70 centesimi di Euro.


28 Ottobre – pomeriggio

Bagarchap 1850 m

Da Tal in poi siamo entrati nel distretto di Manang di tradizione tibetano-buddista; a vigilare all’ingresso dei villaggi ci sono i chorten di pietra con i drappi bianchi e le preghiere colorate. Entrando passi sotto la porta con i rulli metallici con le scritte in rilievo incastonati sulle colonne. Qualcuno mi aveva anche chiesto di dare delle rullate al posto suo, dovesse funzionare. Già che c’ero ho rullato anche per me.

La valle si ristringe di nuovo, ancora ponti di ferro sospesi da una parte del fiume che spumeggia sotto i nostri piedi. I villaggi sono aggrappati ai fianchi della montagna, poche case molto colorate. Lungo il cammino incrociamo decine di portatori stracarichi che precedono un nutrito gruppo di francesi e carovane di asini che trasportano patate, frutta, granaglie e birra, e i carovanieri che li guidano con i loro richiami gutturali; le piante tropicali hanno lasciato il posto a pini e abeti, ma ci sono anche latifogli. Il sole è alto e abbagliante nel cielo mentre ci beviamo il nostro the su una bellissima terrazza; quattro donne chiacchierano qui a fianco mentre dividono i semi e sbucciano verdura; una bimbetta di qualche mese gira a zonzo tra le balaustre. Qui conosciamo Pemba, un ragazzo nepalese che al momento fa il portatore per un gruppo di italiani, vive a Kathmandu e studia letteratura, ci dice.


Scrivo durante una delle innumerevoli soste che io e Francesca ci concediamo durante le salite; qualche minuto, un sorso d’acqua e poi di nuovo i 12 kg di zaino in spalla. Un po’ per errori nostri, un po’ per le inesattezze della cartina e della tabella dei tempi di marcia ci tocca camminare un’altra ora per raggiungere il prossimo villaggio; il sentiero sale ripido per una valle umida e costellata di frane.

Gli alberi sono tinti di rosso e fra le cime è spuntata qualche ora fa la sagoma bianca dell’Annapurna II ritagliata sull’azzurro del cielo.

29 Ottobre – mattino

Latamarang 2440 m

Siamo al Tatopani Lodge dove incontriamo l’imolese Corrado in viaggio da solo; finiamo per chiacchierare tutta la sera tirando fino alle 19:30, forse oggi è sabato?

- pranzo

Chame 2710 m

Si continua a risalire la gola fra i boschi e qualche frana. Il rombo delle acque del Marsyangdi non ci ha mai abbandonato da quando siamo in cammino.

Ad un piccolo gruppo di case ci fermiamo a giocare con dei bambini; si divertono a guardare nel teleobiettivo. Etico o no, quando ripartiamo gli regaliamo una barretta energetica, l’unico sweet di cui disponiamo.

Dal sentiero alle nostre spalle spunta Pemba, così proseguiamo il cammino con lui chiacchierando; lui studia a Kathmandu e arrotonda facendo il portatore per una agenzia, al momento è al seguito di 9 italiani, good people, ci dice.

Ci parla un po’ della sua vita, del Nepal e del problema dei maoisti. –Government is not good – abbiamo sentito dire da molti; l’azione militare dei ribelli maoisti fa leva sul malcontento diffuso anche se le persone, i nepalesi, ecco, non ce li vedi proprio a stare con un fucile in mano.

Da Chame l’ambiente si fa più tetro, il sentiero continua a risalire la valle; ora sono venute fuori le cime d’alta quota: a ovest Annapurna II e Annapurna IV, più a sud il Lamjung, a ovest il Manaslu; siamo quasi a quota 3000, ma in una radura c’è un campo di meli.

A pranzo da Chame siamo riusciti a telefonare, 1200 rupie per due chiamate, come un giorno e mezzo di vitto & alloggio.

I chorten agli ingressi dei paesi sono sempre più comuni e ora compaiono anche i muri mani , delle sorte di spartitraffico di pietre in mezzo al sentiero con le preghiere scolpite in altorilievo.

- sera

Bratang 2910 m

Si respira atmosfera alpina, ora. Case in legno e pietra con i tetti spioventi, l’odore del fuoco che scoppietta dentro i camini. Siamo al Raju hotel che sembra quasi un rifugio di montagna insieme ad altri tre italiani, un israeliano e un francese giramondo.

L’Annapurna II svetta sopra le nostre teste e sembra quasi che un cornicione di neve staccandosi possa centrare la sala da pranzo. Niente corrente elettrica, quando abbiamo chiesto dell’acqua calda ci hanno messo una tinozza sul fuoco.


IL PUNTO DELLA SITUAZIONE.

Ok, fine del quarto giorno di cammino; siamo a metà strada per il famoso, plurinominato & temuto Thorung La, il valico a 5400 m che a volte respinge la tenacia di qualche trekker costringendolo a tornare indietro.

  • Fisico. Le gambe sono a posto, le spalle un po’ meno, a fine giornata siamo sempre “schienati” dal peso degli zaini; sui piedi sono comparse le prime piccole vesciche, ma è tutto sotto controllo; Francesca, mi comunica ora che a parte gli sbuffi nelle salite siamo in pista.
  • Cibo. La qualità e la varietà di quello che si mangia è molto sopra le nostre aspettative; vabbè, c’è lo stesso assortimento di piatti a tutti i lodge, ma alla fine tra riso, chapati, chowmein, uova, caffè, tibetan bread, miele e, ovviamente, the si va avanti benissimo.
  • Acqua. Ci portiamo dietro due litri d’acqua presa dai tubi del lodge a cui con una più o meno rigorosa operazione alchimistica aggiungiamo gocce di amuchina purificatrice e dei sali minerali al limone per ammazzare il conseguente sapore di piscina. Per ora niente cacarella, semmai un po’ di stitichezza.
  • Tempi. Rispetto all’esemplare medio di trekker moderatamente invasato io e Francesca, per quanto riguarda la sveglia mattutina, siamo poco professionali. Però fino ad ora siamo riusciti a conservare il nostro vantaggio di un paio d’ore rispetto alla tabella di marcia della LonelyPlanet. Per le tappe nei pressi del Thorung La ci ripromettiamo di essere più svizzeri, anche se in due non abbiamo un orologio.

Due chiacchiere con il francese giramondo, Oliviere. E’ fuori casa da un anno e mezzo, è arrivato in Nepal da Parigi con la sua bicicletta e si ripromette di arrivare a Tahiti. Siamo tutti qua nella sala da pranzo riscaldata da una stufa e illuminata da una lanterna a parlare dei progetti di domani, di natale, di una vita; a sorsi di the. Francesca è lì che scrive il suo diario, gli italiani dissertano sulle rispettive risposte intestinali al cibo nepalese, quattro portatori giocano a carte silenziosamente al loro tavolo, i panni che erano stesi fuori sono stati portati dentro e addobbano a loro modo l’interno del lodge appesi in fila sulle cordicine fissate alle colonne.

Nessun commento: