martedì 22 dicembre 2009

14. Nepal 2003 - diario di un viaggio - Sauraha

Sauraha 500 m ?

-Yes, yes no problem, vi svegliamo noi alle 6 –

La prova provata che i nepalesi rispondono sempre e comunque di sì ad una richiesta di un occidentale.

L’autobus per il parco Chitwan è alle 6:45; sveglia programmata alle 6:00.

Apro un occhio, anche l’altro; l’unico orologio a nostra disposizione nella macchina fotografica digitale. Guardo. Ore 6:37. Azz... mi sa che l'abbiamo perso.

E invece no. Siamo riusciti a salire sull’autobus, perché il tempo è relativo non solo perché chi è senza orologio; arriviamo trafelatissimi in taxi alla stazione degli autobus alle 7:00 e scopriamo che alla fine l’autobus parte alle 7:30. C’è anche il tempo per una cornetto & caffè alla Bus Station Bakery. E comincia il viaggio.

Innumerevoli blocchi della polizia militare per uscire da Pokhara, poi la strada sempre più dissestata; pensavo che ci attendessero solo pianure e invece ci infiliamo nella gola scavata da un grosso fiume completamente sfregiata dalle frane. La Mahendra Highway , va bene gli eufemismi, ma non credevo si potesse arrivare a tanto: sterrata con qualche singhiozzo di asfalto, con i camion colorati in fila per ogni guado dove passa un veicolo per volta, decine di metri di strada sprofondata più a valle e l’autobus con le ruote nel fango, nemmeno una galleria. Evidentemente neanche a rifarlo il manto stradale perché tanto frana tutto al prossimo monsone.


Poi tra i sobbalzi del bus mi volto a guardare il fiume, e lo vedo.

Il corpo di un uomo. Cadavere. La pancia rivolta verso il basso, nudo, cinquanta metri più in basso, trasportato dalla corrente, sembra lacerato, decomposto, la pelle gonfia. Rimango impietrito qualche secondo a fissarlo roteare lentamente nell’acqua. Poi sento la ragazza inglese dal sedile dietro sussurrare –oh, my God-, allora sveglio Francesca che dorme nel sedile di fianco, il cadavere ora è scomparso alla vista dietro un’ansa del fiume, le dico che c’era un morto laggiù nell’acqua, trasportato dalla corrente.

Rimaniamo a guardare il fiume senza una risposta, che ci faceva là? Caduto? annegato? Fucilato? Il dubbio mi ronza in testa per qualche ora; chissà se stanotte lo sognerò.


Ci avviciniamo al Parco di Chitwan, sono passate 5 ore, intorno ci sono foreste con alberi grossi e altissimi, fa più caldo.

La guida ammoniva sulla presenza soffocante degli avventori turistici pronti ad indirizzarti al lodge dal quale prendono la parcella. E’ terribile; già prima di arrivare ecco il primo manipolo di procacciatori che sale sull’autobus precedendo sul tempo la fanteria appostata all’autostazione. Quando il bus spegne i motori è il delirio; tre o quattro di loro per ogni occidentale; ti ronzano intorno come moscerini mentre aspetti che il tuo zaino venga scaricato dal tetto, un flusso ininterrotto di voci che insistono su camere con bagno, torri d’avvistamento per le tigri e rinoceronti che pascolano nel giardino. Un’ americana scoppia urlando a squarciagola – STOP IT!!! -. E’ esausta. Ci avviciniamo a piedi verso il villaggio con due di loro alle calcagna; uno di loro, avrà vent’ anni non ci da pace, non molla, è allenato.

Per motivi contingenti finiamo al Crocodile Camp che non è di questo ragazzo, forse di suo zio, ma è uguale; ci chiede quanto proponiamo per le camere con bagno. –100 rupie.- rispondo. E’ pochissimo. –Va bene- dice. Ma dove sta il proprietario? Non ci capisco niente, ma è uguale.

La concorrenza ha portato la contrattazione e il crollo dei prezzi ha livelli completamente deregolamentati.

Il tempo di una doccia, usciamo, il ragazzo è ancora là pronto ad accompagnarci a vedere i cuccioli di rinoceronte, poi la riva del fiume, poi le camere del suo lodge, poi il miglior posto per mangiare –Basta, per favore!-. Riusciamo a liberarcene per raggiungere autonomamente la terrazza del Jungle View per mangiare qualcosa.

12 Novembre

Kathmandu!! 1340 m

Ok, siamo nella capitale prima del previsto. Ieri a Chitwan la situazione degenerò. I numi, le divinità, forse lo stesso Gompo, avevano tentato di avvisarci, di ammonirci; l’evento della mancata sveglia, il morto nell’acqua, perfino lo scivolone di Francesca lungo la strada a piedi per Sauraha. Ora la trappola è scattata.

Abbiamo due predatori alle costole: uno, Alfa, è di buone maniere, moderato, accondiscendente, quasi timido; l’altro Beta è viceversa un continuo pressing asfissiante, un parassita subdolo, bugiardo oltre che ansioso e ipercinetico.

Obiettivo: condurci all’interno del Parco. Modalità: loro completo controllo della situazione, tu non devi fare niente, pensano loro a tutto, dagli elefanti, alla jeep, al cibo, all’acqua, alla carta igienica. Sembra che l’intero villaggio sia una enorme tela di ragno stretta intorno a noi; una dopo l’altra usano tutte le armi dell’arsenale a loro disposizione: in bicicletta fuori dal parco per conto nostro? Pericolo di rinoceronti (?), tasse (??), elevata probabilità di perdersi fra i villaggi (!??). Andare via di qui? Domani comincia uno sciopero, dura tre giorni.

Quando salta fuori lo sciopero ci saltano definitivamente i nervi, forse bisognava fare come l’americana che ha strippato dopo dieci minuti.

Io e Francesca non crediamo più a una parola; Beta vuole accompagnarci a prendere una birra. E’ impossibile liberarsene senza assumere un tono scortese.

La mattina, stamattina, Alfa ci aspetta davanti alla porta della camera accompagnato da una guida in divisa. Paghiamo la stanza, le 100 ridicole rupie senza un centesimo di mancia, andiamo a cercarci i biglietti; la scusa dello sciopero deve essere ricorrente, si evince dallo sguardo dell’uomo dell’agenzia. Fuga. Sono rimasti a bocca asciutta, e dire che non mi sarebbe dispiaciuto vederla questa giungla.

Tutto questo ci valga come esperienza per l’affronto della più tenace e spudorata circuizione del turista, la preda dei predatori in divisa. Spero che la tigri si aggiri serena e maestosa fra la vegetazione dell’immenso parco che si apre sull’altra sponda del fiume, lontano da binocoli & canoe.


Di nuovo sull’autobus, questa volta la compagnia Sai Baba Travels , di nuovo la dannata gola tappezzata di frane, di nuovo sette ore seduti; c’è pure qualcuno che vomita nelle ultime file.


Ed eccoci ancora a Thamel, con le luci, i suoi colori, le sue insegne, le sue bancarelle, gli occidentali a passeggio, gli slalom dei risciò, i clacson delle motociclette.

Nel negozio di artigianato sotto il nostro Hotel California compro la scacchiera e i pezzi del Bagh Chal, il gioco delle tigri e delle capre; finalmente una piacevole contrattazione e una stretta di mano, sarà il regalo per i miei, a loro piacerà.

Nessun commento: